La Neurologia è una specializzazione della medicina che studia le malattie del sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto, tronco dell’encefalo e midollo spinale), del sistema nervoso periferico (radici, plessi e tronchi nervosi) e del sistema nervoso autonomo o vegetativo.
Le più frequenti patologie neurologiche
• Malattie cerebrovascolari
(ictus o stroke, che può essere ischemico o emorragico)
• Malattie infettive e infiammatorie ( come le meningiti, encefaliti etc)
• Malattie neoplastiche (come i tumori cerebrali)
• Malattie degenerative (come le demenze, la malattia di Parkinson etc)
• Malattie traumatiche
• Epilessie
• Cefalee
• Nevralgie
Segni e Sintomi Neurologici
I più frequenti segni e/o sintomi ad esordio acuto che devono porre in allarme e far ricorrerre al più presto alle cure neurologiche sono:
1) improvvisa perdita e/o riduzione di forza ad un braccio o ad una gamba
2) deviazione della bocca da un lato
3) difficoltà a parlare
4) improvviso intorpidimento di un braccio e/o di una gamba o di una
metà del volto
5) improvvisa difficoltà visiva in un occhio
6) cefalea improvvisa e senso di confusione alla testa
7) cefalea improvvisa e intensa che colpisce la nuca, forte come non si è
mai avuto in precedenza
Altri sintomi più frequenti
perdita di coscienza
vertigini
disturbi della memoria
tremore
difficoltà nella deambulazione (a parte quella dovuta a causa ortopedica)
insonnia
Malattie cerebrovascolari
Le malattie cerebrovascolari, più note con il termine di “ictus”, sono la seconda causa di morte nei paesi industrializzati e la prima causa di disabilità nell’adulto.
L’Ictus può essere ischemico o emorragico.
Fattori di rischio più importanti sono: l’’ipertensione arteriosa, alcune cardiopatie (soprattutto la fibrillazione atriale), il diabete mellito, l’iperomocisteinemia, l’ipertrofia ventricolare sinistra, la stenosi carotidea, il fumo di sigaretta, l’attacco ischemico transitorio (TIA), l’abuso di alcool, l’età (oltre i 65 anni).
I principali sintomi ad esordio acuto sono 5:
1) deficit di forza e/o di sensibilità di uno o più arti, specie se dello stesso lato
2) disturbo dell’equilibrio con difficoltà a mantenere la stazione eretta e nella deambulazione
3) deficit di uno o più nervi cranici (asimmetria della faccia con deviazione della rima
buccale verso destra o verso sinistra, disfagia, disfonia, diplopia)
4) disturbo del linguaggio, comprensione e articolazione della parola
5) disturbo visivo (deficit del campo visivo o cecità improvvisa)
Essi richiedono la valutazione neurologica immediata, poiché, quanto più precoce saranno l’inquadramento clinico e la terapia della fase iperacuta, tanto più limitati saranno il danno cerebrale e gli esiti. Il fattore tempo è fondamentale (“time is brain”) , perchè nei casi in cui si può attuare la terapia trombolitica, questa deve essere eseguita nelle prime 3-4 ore dall’esordio dei sintomi presso strutture dedicate.
Malattia di Parkinson
E’ una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva.
I principali sintomi “motori” della malattia di Parkinson sono il tremore a riposo, la rigidità, la bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e l’acinesia (difficoltà ad iniziare i movimenti spontanei); in una fase più avanzata, l’instabilità posturale o perdita di equilibrio; questi sintomi possono presentarsi in modo asimmetrico (un lato del corpo è più interessato dell’altro).
Il tremore non è presente in tutti i Pazienti. Spesso interessa una mano, ma può interessare anche i piedi o la mandibola. In genere è più evidente su un lato. È presente a riposo, ma si può osservare alle mani anche durante la deambulazione. Può essere un sintomo d’esordio di malattia. Un altro tipo di tremore riferito di frequente anche nelle fasi iniziali di malattia è il “tremore interno”; questa sensazione è avvertita dal paziente ma non è visibile.
La rigidità è un aumento involontario del tono dei muscoli. Può essere il primo sintomo della malattia di Parkinson, spesso unilaterale, ma molti Pazienti non l’avvertono, mentre riferiscono una sensazione mal definita di disagio. Può manifestarsi agli arti, al collo ed al tronco.
La bradicinesia è un rallentamento nell’esecuzione dei movimenti e dei gesti, mentre l’acinesia è una difficoltà ad iniziare i movimenti spontanei. Può interferire con la maggior parte delle attività della vita quotidiana, come lavarsi, vestirsi, camminare, passare da una posizione all’altra (per esempio da seduti alla stazione eretta), girarsi nel letto. Sintomi correlati alla bradicinesia sono: la modificazione della grafia, che diventa più piccola (micrografia); la scialorrea (aumento della quantità di saliva in bocca), dovuta ad un rallentamento dei muscoli coinvolti nella deglutizione; la ridotta espressione del volto (ipomimia).
Il disturbo dell’equilibrio si presenta più tardivamente nel corso della malattia ed è un sintomo che coinvolge “l’asse del corpo”; è dovuto a una riduzione dei riflessi di raddrizzamento, per cui il soggetto non è in grado di correggere spontaneamente eventuali squilibri. Esso è un fattore di rischio per le cadute a terra.
Nella malattia di Parkinson sono importanti anche i sintomi “non motori”. Quelli più frequenti sono: i disturbi vegetativi (stipsi, disturbi urinari, disfunzioni sessuali, disturbi della pressione arteriosa, problemi cutanei e sudorazione), i disturbi dell’olfatto, del sonno, dell’umore e della cognitività, la fatica e i dolori; i disturbi dell’umore (depressione, ansia, apatia).
Le Demenze
Il termine demenza indica una malattia del cervello che comporta la compromissione progressiva delle funzioni cognitive (quali la memoria, il ragionamento, il linguaggio, la capacità di orientarsi, di svolgere compiti motori complessi), tale da pregiudicare nel tempo la possibilità di una vita autonoma.
Ai sintomi che riguardano le funzioni cognitive si accompagnano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento, di entità varia nel singolo paziente. Tra questi i più caratteristici sono sintomi psichici (ansia, depressione, ideazione delirante, allucinazioni), irritabilità o vera aggressività (più spesso solo verbale, raramente fisica), insonnia, apatia, tendenza a comportamenti ripetitivi e senza uno scopo apparente, riduzione dell’appetito e modificazioni del comportamento sessuale.
Alle alterazioni delle capacità mentali si associa una progressiva compromissione dello stato funzionale (capacità di vita autonoma). Nelle fasi iniziali si assiste al deterioramento delle funzioni più complesse, le cosiddette funzioni strumentali (quali saper usare il denaro, utilizzare i mezzi di trasporto e di comunicazione, gestire la casa ed assumere correttamente i farmaci). Con la progressione della malattia vengono compromesse anche le attività quotidiane di base (igiene personale, abbigliamento, mobilità, continenza). Nelle fasi avanzate compaiono complicanze, quali cadute, malnutrizione ed infezioni, che compromettono ulteriormente lo stato funzionale e che possono essere fatali al paziente.
Le forme di demenza più frequenti sono: la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare.
Le Cefalee
La cefalea o mal di testa è un sintomo che può indicare condizioni patologiche diverse tra loro.
Le cefalee si possono suddividere in due gruppi:
le cefalee “primarie” sono quelle in cui il mal di testa è un disturbo autonomo, non legato ad alcuna patologia, rappresentando così esse stesse una “malattia”; possono compromettere anche gravemente la qualità della vita del soggetto in ambito familiare, lavorativo e sociale.
Le forme più frequenti di cefalee primarie sono: l’emicrania, la cefalea muscolo tensiva, la cefalea a grappolo. Principali fattori scatenanti sono: stress emozionale e fisico, alimentazione, fattori ambientali, sonno, dolore muscolare scheletrico, fluttuazioni ormonali etc.
le cefalee “secondarie” sono quelle forme in cui il mal di testa è un sintomo di una malattia sottostante, non sempre ben identificabile, come ad esempio l’ipertensione arteriosa, una sinusite, un trauma cranico, una malattia oculare, anemia, artrosi cervicale, malattie della bocca, allergie, patologie neurologiche (vascolare, infiammatoria, neoplastica etc.).
Ogni cefalea necessita di un inquadramento clinico da parte del neurologo per diagnosticarne la causa e, conseguentemente, attuare la migliore terapia.
Le Epilessie
Le crisi epilettiche e l’epilessia sono disturbi neurologici molto frequenti, che si possono manifestare a qualsiasi età, con una frequenza più alta tra i bambini e gli anziani.
Una crisi epilettica è dovuta presumibilmente un’attività abnorme ed eccessiva di un gruppo di neuroni cerebrali per cause che possono essere diverse tra loro; la manifestazione clinica consiste in un fenomeno improvviso e transitorio che è in relazione alle aree cerebrali coinvolte dalla scarica epilettica; ne derivano sintomi motori, sensoriali, autonomici o mentali, rilevati dal Paziente o da un osservatore, durante i quali il soggetto può o meno aver un disturbo dello stato coscienza.
Si distinguono principalmente due tipi di crisi: crisi focali e crisi generalizzate.
Crisi focali: sono quelle in cui il focolaio epilettogeno è ben localizzato e, generalmente, non si espande ad altre aree della corteccia cerebrale, come avviene nelle crisi parziali secondariamente generalizzate;
Crisi generalizzate sono quelle in cui è coinvolta l’intera corteccia cerebrale fin dal principio della crisi, e sono associate di solito a perdita di coscienza.
L’esempio paradigmatico della crisi convulsiva generalizzata è rappresentato dalla cosiddetta crisi di Grande Male, in cui il Paziente perde coscienza improvvisamente, può emettere un urlo, cade a terra irrigidito (fase tonica), poi è colto da forti scosse su tutto il corpo (fase clonica), può mordersi la lingua o perdere le urine.
Altri tipi di crisi generalizzate sono meno eclatanti, come le crisi di assenza dell’infanzia. Nella maggior parte dei casi le crisi si manifestano all’improvviso, in altri invece sono preavvertite dal soggetto sotto forma di sensazioni particolari, definite aure epilettiche.
L’epilessia è una condizione neurologica, transitoria o cronica, caratterizzata da ricorrenti e improvvisi episodi convulsivi, focali o generalizzati, con o senza perdita di coscienza.
Le crisi epilettiche possono essere isolate ma anche ripetersi in serie e in genere hanno una durata variabile da pochi secondi a pochi minuti.
Molteplici sono le cause e i possibili fattori scatenanti .
Si ritiene che cause genetiche siano alla base della maggior parte di quelle epilessie che fino a qualche anno fa venivano definite senza causa apparente (epilessie idiopatiche).
Le cosiddette epilessie sintomatiche sono dovute, invece, a lesioni cerebrali che si possono verificare in gravidanza o durante il parto per sofferenza fetale, oppure essere conseguenti a malformazioni del cervello, a esiti di malattie infettive del sistema nervoso (encefaliti), di traumi cranici gravi (per es. per incidenti stradali), di tumori cerebrali, di ictus (soprattutto negli anziani), di malformazioni dei vasi cerebrali.
Fattori scatenanti sono quelli che possono facilitare la comparsa, in un soggetto predisposto, di una crisi epilettica ; i più frequenti sono: stress psicofisici eccessivi, importanti modificazioni del ciclo sonno-veglia (veglie prolungate, risvegli precoci, ecc.), assunzione di alcool o di sostanze eccitanti (per es. la cocaina), effetto di luci intermittenti, sia naturali sia artificiali (luci al neon, luci psichedeliche, schermi televisivi, computer).
Nel caso in cui ci si trovi dinanzi ad una persona che presenta una crisi epilettica convulsiva generalizzata, è semplicemente necessario allontanare eventuali ostacoli contro cui essa possa urtare, porre sotto al capo qualcosa di morbido, al fine di evitare contusioni e traumi, in quanto le contratture muscolari possono essere violente e del tutto incontrollabili. La persona al termine della crisi convulsiva, che di solito è di breve durata (un minuto o poco più), si troverà in uno stato di torpore e sopore, incapace di interagire con il mondo esterno, se non molto lentamente, avrà difficoltà a rispondere a semplici domande e tenderà a addormentarsi; questo è lo stato soporoso post crisi (che dura normalmente una o più ore), ad esso seguirà il recupero del normale stato di coscienza.
Non tentare assolutamente di estrarre la lingua con le proprie dita o con altri mezzi, nella paura che la persona possa soffocare; appena le convulsioni saranno cessate, basterà porre il soggetto in decubito laterale, su un fianco, in modo che le secrezioni di muco e saliva non ostacolino la respirazione.
Dott. Anna Maria Cipriani
Primario Neurologo